LA VITA DI GALEAZZO CARACCIOLO (1517-1586)

10.00

Il Signore non dona mai le sue ricchezze a mani che sono già piene, Niccolò Balbani, pag. 126

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Descrizione

Nel corso del Cinquecento furono migliaia i credenti evangelici italiani che, minacciati dallo spettro dell’Inquisizione, decisero di fuggire all’estero. A fronte delle tre sole alternative loro possibili in Italia – simularsi Cattolici, rinnegare Cristo o soffrire il martirio – preferirono lasciare ogni loro bene terreno e recarsi in paesi dove almeno avrebbero avuto la libertà di vivere secondo coscienza di fede. Nella maggior parte dei casi, purtroppo, le loro storie non furono scritte e tramandate nella memoria storica del popolo evangelico, né sarebbe possibile farlo ora, per assenza di sufficiente documentazione. Non è questo però il caso di Galeazzo Caracciolo (1517- 1586), ricco marchese di Vico, la cui drammatica storia di conversione e rinuncia colpì a tal punto i suoi contemporanei da divenire un esempio universale di fede e abnegazione cristiana. Scritta all’indomani della sua morte, dal suo grande amico Niccolò Balbani, la biografia del Caracciolo fu immediatamente tradotta in latino, in francese, in inglese e in tedesco, ed ebbe larghissima diffusione in tutto il mondo protestante. Convinti che tale testimonianza possa ancora oggi incoraggiare il popolo di Dio, la riproponiamo qui, in una edizione riveduta nel linguaggio e arricchita di ulteriori documenti, fra i quali le tre lettere scritte al Caracciolo da Giovanni Calvino, Gianluigi Pascale e Giulio Cesare Pascali.

“… se io qui elevo, come in uno specchio agli occhi dei lettori, le vostre virtù, affinché essi si impegnino ad imitarle, sarebbe incoerente che non ne fossi piÙ toccato io, che ho modo di conoscerle più da vicino e contemplarle ogni giorno come in una chiara luce. Ma siccome io conosco per esperienza l’impatto del vostro esempio sulla mia fede e vita cristiana, come anche la non poca utilità che tutti i credenti qui a Ginevra ne traggono, come essi stessi ci hanno detto, ho stimato essere cosa degna e necessaria che con la mia testimonianza questa siffatta utilità si estendesse in modo ancora più ampio”.
Giovanni Calvino, Lettera dedicatoria a Caracciolo, 1556

Niccolò Balbani, pag. 126

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